#AntoninoCannavacciuolo: “Io non assaggio, io mangio”. Il racconto dello chef tra successo e sacrifici

Antonino Cannavacciuolo (nato vicino a Napoli nel 1976) è ormai uno chef noto ai più oltre che un personaggio televisivo. La sua passione per la cucina è evidente fin da giovane. Il padre era uno chef anche se “Nella mia infanzia l’ho visto pochissimo, sono cresciuto senza di lui [..] ha provato in ogni modo a impedirmi di seguire la sua strada. In ogni modo. Ma ha peggiorato la situazione” ed aggiunge: “Poi mi ha mandato a lavorare nella cucina di uno grande chef, suo amico, persona durissima e a lui ha chiesto di picchiare duro. Alla faccia della raccomandazione.” Dopo  la scuola alberghiera ed i primi lavori nella penisola sorrentina inizia a maturare diverse esperienze professionali anche all’estero. Infine approda in televisione nel 2013, conducendo la prima stagione di “Cucine da incubo“.

Intervistato da Alessandro Ferrucci per Il Fatto Quotidiano, lo chef campano ha ripercorso la sua carriera ed ha parlato dei prossimi progetti. “Sono coinvolto in sei cose contemporaneamente, tra ristorante e registrazione delle puntate dell’accademia (Antonino Chef Academy, ndr)”. Mentre Masterchef è piuttosto uno show, l’Antonino Chef Academy si prospetta come una novità più legata al cibo, ai sapori e meno all’aspetto televisivo.

“Nella vita si produce quando si vende. Poi chi affronta le mie ricette dice che i risultati ci sono. I piatti escono come descritti. Le preparazioni non sono semplici. Ma uno deve tentare più volte; forse non è chiaro, ma le ricette vanno provate e riprovate, non escono al volo; quando non cucino un piatto per un anno, sono costretto a riprendere la mano”.

Quando gli viene fatto notare che molti lo reputano ormai più un personaggio televisivo che uno chef, il tono si fa serio e risponde: “Sono sempre presente nel mio ristorante, giro solo nei giorni di pausa, non mollo niente. Mi alzo alle sei e mezzo e vado a letto alle due di notte.. Ci vuole forza. Soprattutto allenamento e consapevolezza: non bevo mai alcol, perché non posso, e a pranzo mangio pochissimo, altrimenti mi appesantisco e arriva il sonno.”

Cannavacciuolo ha le idee ben chiare, le parole chiavi per una carriera di successo sono “serietà” e “curiosità”, oltre che “pulizia”. “Inizio dalla divisa: deve essere ordinata, pulita, diventa il tuo biglietto da visita”.

Aggiungeremmo anche forza e determinazione, come si evince dalle sue parole, quando gli viene posta una domanda più personale:

“Sono arrivato a 155 chili, e questo è noto, adesso ho raggiunto i 127 e senza dieta. Lo sottolinei. Sono tre anni che uso il tapis roulant, mi dà forza e autostima, scarico i pensieri e acquisto adrenalina; poi cammino anche per 12 chilometri e ho mutato le abitudini alimentari, ho tagliato i fuori- pasto. Ma niente diete: non mi convincono, sono solo palliativi di un attimo.”

La stessa determinazione la porta nell’ambito professionale, in cui eccelle fin da ragazzo, come ha modestamente dichiarato. Determinazione vuol dire anche essere attenti e collaborare con tutto il team che concorre al successo di un ristorante, per questo ci tiene ad evidenziare che le condizioni economiche post-covid non lo porteranno a tagliare teste nelle sue cucine, “mi massacrerei per trovare una soluzione.

Quando gli viene fatto notare che da altri chef piovono accuse secondo le quali nei programmi di cucina tutto appare semplice o addirittura finto, Cannavacciuolo risponde così: “Nessuno di noi ha mai sostenuto facile, anzi. Negli ultimi sette, otto anni il mondo della ristorazione è esploso e per me è stato un bingo [..] Io non assaggio niente, io mangio.

Infine qualche dichiarazione sui suoi colleghi più noti, Locatelli “Mi manca quando sta a Londra, lo vorrei sempre con me”, Borghese “Ha una carattere strepitoso, ed è stato bravo a costruire il suo percorso”.