TELE… DICO | L’informazione e il rischio spettacolarizzazione: il caso Denise Pipitone. È ora che la TV si dia una regolata?

Persistere non significa necessariamente insistere. È qui che l’informazione talvolta si arena, inseguendo obiettivi di vendita o di share che faticosamente si conciliano con il fine ultimo di quello a cui ci si dovrebbe attenere nel dare una notizia: informare e basta, senza spettacolarizzare.

Ne abbiamo avuto prova nelle settimane scorse: difficile non sorprendersi, anzi indignarsi, nell’assistere alla “fictionizzazione” di una vicenda drammatica quale solo può essere quella di una giovane ragazza alla ricerca dei suoi genitori, da cui è stata portata via quando era ancora bambina.

La condanna per la televisione russa è stata unanime: il format creato intorno a Olesya, a prescindere o meno dal consenso della ragazza stessa, è qualcosa che ci si augura non possa mai più essere replicato perché, nel subdolo gioco per cui “se passa per il piccolo schermo, allora vuol dire che va bene”, arriva quasi a legittimare l’idea di una ingiustificata disumanità a cui il mondo dovrebbe guardare con terrore.

Estremismi, sia chiaro. Su cui però avremmo dovuto riflettere per identificare quel limite che separa il persistere dall’insistere e a cui bisognerebbe attenersi nel fare informazione. Nel parlare della scomparsa di una bambina. Delle speranze di una madre, dopo diciassette anni ancora in balia di segnalazioni, ipotesi. E ciarlatani. Perché sì, c’è anche chi inspiegabilmente del dolore altrui non riesce ad avere rispetto.

E forse è proprio lì quel limite, nel rispetto. Per Denise stessa, ovunque essa sia. Per i genitori che aspettano da diciassette anni una risposta. Per chi è stato coinvolto nelle indagini. E per il lettore, il telespettatore. Per colui o colei a cui si rivolge l’informazione

E allora viene quasi spontaneo chiedersi se, nell’affrontare gli sviluppi di una vicenda intricata come questa, ci sia sempre stato rispetto o se, in qualche caso, sia mancato. Non è la prima volta che dubbi come questo sorgono: basti pensare alla madre di Sarah Scazzi, in collegamento tv quando arrivò la notizia del ritrovamento del corpo della figlia. Un caso emblematico, datato 2010, che ritorna alla mente ogni qualvolta si dibatte di “spettacolarizzazione dell’informazione”.

E anche oggi è impossibile non chiederselo, sapendo che Piera Maggio è venuta a conoscenza di una nuova perquisizione dai giornali, dalla televisione. Impossibile non chiederselo davanti a quelle sterminate ore di diretta, dove servizi, interviste ed esclusive si accavallano minuto dopo minuto nell’ansia di raccontare qualcosa di veramente nuovo, di ancora non detto. Nessuna novità? Pazienza. Si continua a parlarne comunque, perché l’attenzione dei telespettatori è sempre alta. E lo share cresce.

Impossibile non chiedersi, oggi così come qualche settimana fa con Olesya, perché continuare a proporre interviste a ragazze segnalate per una loro “presunta” somiglianza con Denise, nonostante siano già ampiamente uscite notizie che smentiscono. Non è lei. Punto.

Perché continuare a intervistare colei che “avrebbe potuto essere Denise” pur sapendo già che purtroppo non è lei? Davvero aggiunge qualcosa alla notizia? Ma poi sarà così ogni qualvolta uscirà una segnalazione ritenuta di particolare interesse? E questo modus operandi non potrebbe portare all’insorgere di rischiosi fenomeni di emulazione che non farebbero altro che ostacolare ulteriormente indagini già piuttosto complicate?

Domande, dubbi. Tanti. Sia chiaro, nessuno mette in discussione il dovere di mantenere alta l’attenzione, né quello di informare: d’altronde, se le indagini di recente sono state riaperte, non si può non pensare anche a quanto abbia influito il peso massmediatico che il caso ha avuto e ha ancora dopo diciassette anni.

Ma nel mantenere alta l’attenzione, nell’informare non si può non tenere conto anche di questi aspetti. Di quelle domande e di quei dubbi che si spera possano cadere presto di fronte a quella risposta che i genitori attendono dal 2004. La verità: l’unica risposta che può riportare da loro Denise.