TELE… DICO | Fedez, tentata censura e politica: il pasticcio del Primo Maggio che (ri)porta a galla un grosso problema della Rai

Il Concerto del Primo Maggio di quest’anno, lo ricorderanno in molti, soprattutto in Rai. A far finire ancora una volta l’azienda pubblica nell’occhio del ciclone è stato Fedez, ormai da giorni al centro delle cronache per aver denunciato un presunto tentativo di censura da parte del terzo canale dell’azienda di Viale Mazzini.

E’ bastata una storia su Instagram per creare subito due fazioni: quella del “si, è stato un tentativo di censura” e quella del “no, non si tratta di censura”. Il tema, al quale gira attorno tutta la vicenda, altrettanto divisivo soprattutto nel mondo della politica, è il DDL Zan, appoggiato da una vasta schiera di artisti italiani, tra cui figura il rapper milanese, forse più agguerrito rispetto ad altri.

I fatti si svolgono abbastanza linearmente: Federico Lucia, ospite sul palco del “Concertone”, viene invitato prima della kermesse a presentare una copia del suo discorso per una “verifica” dei contenuti, in seguito alla quale gli viene chiesto di “edulcorare” una parte del testo contenente nomi, cognomi, partito di appartenenza e affermazioni di politici apertamente contrari il disegno di legge. La richiesta viene motivata con l’assenza di contraddittorio: sarebbe infatti necessario avere la controparte presente in modo da consentirle di replicare alle accuse. Nonostante ciò, il rapper porta il suo discorso sul palco senza alcuna modifica, ma successivamente si scaglia contro l’azienda pubblica che, a suo dire, avrebbe tentato di censurarlo. La Rai smentisce e nega anche di aver richiesto i testi dell’intervento per una verifica, specificando come sia stato l’organizzatore a farlo.

Per ragionare sull’accaduto dobbiamo partire da un’affermazione di Ilaria Capitani, vicedirettrice di Rai 3, estratta dalla famosa telefonata (della quale a questo link trovate la versione integrale di 11 minuti e 40 secondi) tra l’organizzazione del concerto e il cantante: “La Rai fa un acquisto di diritti e ripresa, quindi la Rai non è responsabile né della sua presenza […] né di quello che lei dirà”.

Il Concerto del Primo Maggio è, come noto, un evento promosso da CGIL, CISL e UIL. Non essendo case di produzione, per organizzarlo, i sindacati si affidano ad una società specializzata, iCompany (produttrice anche di “Magazzini Musicali” su Rai 2), che ricopre il ruolo di produzione. Proprio nei titoli di apertura in sovrimpressione infatti si legge “CGIL, CISL e UIL presentano una produzione iCompany”. La Rai ricopre un ruolo abbastanza marginale nell’organizzazione del Concerto perché “collabora” all’evento e lo trasmette. Ma come lo fa Rai, lo potrebbe fare anche un altro editore come Mediaset o Sky in quanto, come affermato dalla vicedirettrice di Rai 3, l’azienda non fa altro che un “acquisto di diritti e ripresa” per poi trasmettere le immagini in tv. Proprio come avviene per le partite di calcio.

E’ così presto smentito chi parla di “linea editoriale” da seguire, perché non si tratta di una programma di testata. Anche il fatto in sé non è cosa nuova. Più volte, infatti, il palco del Primo Maggio è stato usato per lanciare messaggi di protesta sociale con riferimenti politici.

Insomma, il tentativo di censura preventiva c’è stato. E non è nemmeno la prima volta. Nel 1991, accadde lo stesso con Elio e le Storie Tese, quando la regia staccò clamorosamente dall’esibizione che si stava addentrando in temi politici sensibili (a ricordare questo episodio, a distanza di 30 anni precisi dall’accaduto, è lo stesso Elio attraverso questo post sul suo profilo Instagram).

Anche se in quest’occasione non si è arrivati a tanto (per fortuna), il fatto non è da trascurare e bisogna fare alcune precisazioni. Rai 3 e la sua vicedirettrice non sarebbero dovute intervenire nella vicenda. Probabilmente, se così fosse stato, non si sarebbe sollevato il polverone mediatico e politico che ne è conseguito, ma la patata bollente sarebbe rimasta in mano agli organizzatori, quindi iCompany e sindacati che per primi avevano espresso perplessità sull’opportunità di quelle parole.

Cosa ha spinto l’azienda a intervenire nella questione? Il motivo dell’interferenza da parte dell’editore pubblico si potrebbe dover ricercare, ancora una volta, nella politica che ha fatto della Rai uno dei propri campi di battaglia. Poche ore prima del concerto la Lega, principale partito schierato contro il DDL Zan, aveva dichiarato: “Se Fedez userà a fini personali il concerto del 1 maggio la Rai dovrà impugnare il contratto e far pagare tutto ai sindacati”. Plausibile pensare che alla luce di una pressione da parte di una delle forze di governo, l’azienda abbia preferito tentare di mediare, finendo però in un pasticcio ancora più grande che ha varcato anche i confini nazionali finendo su testate come Reuters e BBC News World. Un tentativo di censura, quindi, perlopiù politico che editoriale interna alla Rai.

Quello che è successo nei giorni scorsi, ha però portato alla luce un problema che si presenta ogni nuovo Governo: quello delle interferenze politiche all’interno della Rai.

Ad oggi l’amministrazione dell’azienda di Viale Mazzini è affidata a persone scelte dalla politica. Basti pensare che gli amministratori che siedono al CdA sono eletti dalla Camera dei deputati (2), dal Senato della Repubblica (2), dal Consiglio dei Ministri (2), mentre solo uno è eletto internamente dai dipendenti. Uno di questi diventerà poi Amministratore Delegato, ovviamente previa autorizzazione politica, e, sempre il CdA eleggerà il Presidente (scelto tra i membri del CdA stesso), ma anch’esso a seguito dell’approvazione dalla Commissione di Vigilanza Rai, e quindi, della politica.

Anche le singole reti, soprattutto le prime tre (Rai 1, Rai 2, Rai 3) vengono spartite tra i partiti. La famosa “lottizzazione” vede la direzione di Rai 1 scelta generalmente dalle forze di governo, Rai 2 dai partiti all’opposizione e Rai 3 dalle forze politiche di sinistra. Non stupisce che le “Nomine Rai” siano negli anni diventate un terreno di scontro molto acceso, una gara a chi occupa più posti.

Che sia arrivato il momento giusto per una nuova riforma della governance Rai? Si. Il momento sarebbe giusto. Il caso Fedez, che ha riportato al centro delle cronache il problema incassando anche grande sostegno dalla forze di sinistra, potrebbe aprire la strada a delle modifiche alle modalità di selezione del personale amministrativo di alto livello, magari valutando internamente all’azienda le varie candidature senza richiedere una approvazione politica o, comunque, rendendola marginale e dando più importanza alle competenze e all’operato pregresso piuttosto che al partito al quale è vicino un candidato, come già accade in altre aziende pubbliche, fiori all’occhiello nel settore di loro competenza non solo in Italia ma anche in Europa e nel Mondo. Certo è che, vista la prossima scadenza del CdA, sembra difficile immaginare un cambio di passo nel breve termine, considerando anche che il toto-nomine è già partito e le varie forze politiche hanno già presentato le loro preferenze.

La Rai, da grande azienda qual è, non merita di essere oggetto di contesa del “sistema” politico italiano. Ad oggi la società, benché l’AD Fabrizio Salini si sia scusato e abbia sottolineato come non ci sia stato alcun tentativo di censura, incassa un duro colpo decisivo per la non-riconferma ormai certa degli attuali vertici, nonché un significativo danno di immagine agli occhi del pubblico. Ovviamente l’azienda ha deciso di controbattere alle accuse del cantante chiedendo le sue scuse, pena il divieto di partecipare ad altre trasmissioni firmate dall’editore di Viale Mazzini. Scuse che difficilmente arriveranno. La polemica continua, vedremo come andrà a finire.