Stasera… #AntonelloFalqui. Addio, all’età di 94 anni, al regista e padre del varietà italiano

Immaginiamoci per un attimo trasportati nel futuro. Se volessimo raccontare ai più piccoli i nostri ricordi legati alla televisione in bianco e nero, da dove potremmo iniziare? Beh, si potrebbe esordire dicendo: “C’era una volta il Varieta”. E, immediatamente dopo, “C’era una volta Antonello Falqui”. Ecco. Da qui tutto ha davvero avuto inizio: “C’era una volta il Varietà di Antonello Falqui”. Genere televisivo e regista non potevano essere disgiunti, soprattutto se parliamo di quel regista, il maestro e padre dello spettacolo italiano che, con i suoi sabati sera, ha reso grande la Rai.

È iniziata a circolare ieri in tarda sera la notizia della sua scomparsa all’età di 94 anni. Con lui non se ne va solo un visionario, ma soprattutto una filosofia di lavoro che la televisione di oggi purtroppo non conosce più, una cura maniacale per il dettaglio. Tutto veniva provato e riprovato, affinché tutto risultasse perfetto. Era un dovere nei confronti del proprio pubblico.

Antonello Falqui nasce a Roma il 6 novembre 1925 figlio del critico e scrittore Enrico Falqui. Si iscrive alla Facoltà di Giurisprudenza che, però, lascerà prima di laurearsi, perché attratto dal mondo del cinema. Si iscriverà per questo al Centro Sperimentale di Cinematografia, che frequenterà dal 1947 al 1949. Il primo ruolo che ricopre è quello di aiuto regista di Curzio Malaparte, durante nel riprese del film Cristo proibito nel 1950.

L’approdo in Rai avverrà immediatamente dopo, nel 1952, dove verrà assegnato alla sede di Milano. Le trasmissioni televisive, fino al 1954, sono ancora in fase sperimentale. Qui si dedicherà dapprima alla regia di alcuni documentari.

I grandi spettacoli televisivi con  quali raggiunge la celebrità e capaci di riunire il grande pubblico, sono stati Il Musichiere (1957-1960) condotto da Mario Riva, quattro edizioni di Canzonissima (1958, 1959, 1968, 1969), altrettante di Studio Uno (1961, 1962-63, 1965 e 1966) e Milleluci (1974)

Negli anni settanta e ottanta collaborerà invece, tra gli altri, con Paolo Villaggio e Gigi Proietti. E’ datata invece 1986 la direzione del programma Un altro varietà e 1988 Cinema, che follia!

Ad Antonio Falqui è dedicato infine il film Il conte Max (1991).

 

In un’intervista del 2014 al “Fatto quotidiano”, il regista non risparmiò critiche – molte delle quali condivisibili – nei confronti della televisione attuale, evidentemente troppo lontana dai canoni e dai modelli che ispirarono le sue produzioni:

Quando guardo la tv di oggi mi incazzo. Gli autori sono patetici. I registi non sanno neanche da dove si cominci.

E poi, una serie di aneddoti, ma anche accuse, nei confronti dei grandi personaggi che incontrò nella sua carriera:

Mina odiava anche Roma. Sosteneva che i romani fossero villani. Berlusconi, con Mediaset, ha involgarito tutto e la tv di Antonio Ricci è dozzinale. Quando lo bocciai all’esame da presentatore, Baudo parlava siciliano stretto, era cafone e volgare.

E si potrebbe continuare per ore ed ore ricordando tutto ciò che ha saputo regalare alla tv di ieri e quanto avrebbe potuto insegnare a quella di oggi.

Ho iniziato questo breve ricordo con un’idea di futuro. La trovo azzeccata: Antonello Falqui seppe guardare al futuro all’interno di un piccolo schermo in bianco e nero, scrivendo indelebili pagine di storia del costume e dello spettacolo italiano che, tutt’oggi, continuiamo ad ammirare ogni volta che, le Teche Rai, ce le ripropongono.

Vorrei concludere ricordando un altro format che Falqui ideò nel lontano 1969 capace di tenere incollati allo schermo una media di 17,1 milioni di telespettatori. Si intitolava “Stasera…” seguito dal nome del protagonista della puntata, tra i quali ricordiamo Patty Pravo, Gianni Morandi, Adriano Celentano, le gemelle Kessler, Gina Lollobrigida e Gino Bramieri, intratteneva il pubblico in studio a casa, in una specie di one man show.

Ecco, mi piace concludere così.

Stasera… Antonello Falqui. Stasera… solo grazie!