«Guanti, mascherine e misurazione della febbre sono diventati automatismi. È meno facile vedere gli autori a cinque metri uno dall’altro, sarte e tecnici sparpagliati sugli spalti dello studio vuoti… perfino Antonio (Ricci) ha rinunciato a stare in regia e si è messo lì, per farci sentire non abbandonati. I capannoni Mediaset di solito pieni di gente e ora sigillati fanno impressione».
Così ha dichiarato Gerry Scotti in un’intervista al Corriere della Sera per descrivere come stia vivendo oggi, dopo tre mesi dall’inizio della pandemia, il mondo della televisione. È stato difficile per tutti, addetti ai lavori e telespettatori, vedere, da domenica 23 Febbraio, gli studi di Cologno Monzese senza la componente che più li anima: il pubblico. Pochi giorni dopo tutti gli studi televisivi hanno perso il calore del pubblico di cui ogni trasmissione ha sempre bisogno.
Il conduttore di Striscia la Notizia, rientrato fortunatamente dalla Polonia pochi giorni prima della chiusura dopo aver finito di registrare le ultime puntate di Chi vuol essere Milionario?, si trova anche ad essere giurato ad Amici Speciali, torneo di professionisti del ballo e del canto a favore della Protezione Civile, “Non potevo non esserci, anche se ogni volta per raggiungere Roma da Milano ci vogliono sei ore. L’impressione più grande è stata entrare in quello studio: era una bolgia, ora è vuoto. Una sensazione mai avuta. Il varietà sarà il genere che soffrirà di più”.
Anche lui e Michelle Hunziker, al timone del tg satirico al momento della pandemia, si sono trovati davanti ad uno studio vuoto. Per Gerry, però, in fondo, è stato come un ritorno alle origini, a quando si trovò a condurre senza pubblico la nona edizione di Striscia con Franco Oppini nel 1997 dallo studio 2 di Palazzo dei Cigni.
“Abbiamo preso per mano gli spettatori nei giorni della paura cieca. A modo nostro, esorcizzando, ma la satira è satira e le sue regole non le ho scritte io. Quando con Striscia siamo stati definiti dalle autorità “attività necessaria” mi ha inorgoglito. Non siamo infermieri e nemmeno gommisti, ma è stato bello sentirsi dire che quell’ora di diretta scanzonata fosse un servizio necessario”
Queste sono le parole di chi, come Scotti, si è trovato di fronte ad un pericolo inaspettato e sconosciuto ma che, nonostante tutto, ha fatto suo il motto di Antonio Ricci che, durante le registrazioni delle puntate di Striscia gli ha sempre detto: “Non ti preoccupare, siamo più cattivi del virus”.
Quello che oggi preoccupa fortemente non solo Scotti ma anche tutti coloro che lavorano nel mondo dello spettacolo è una possibile non ripartenza. Dietro ad uno studio televisivo, ad un set cinematografico o ad un palcoscenico, ci sono centinaia di uomini e donne che lavorano per realizzare un meraviglioso prodotto finale che altrimenti rimarrebbe allo stato grezzo o sarebbe inesistente. Ci sono tanti volti non noti che rischiano di non ripartire e questo deve essere a tutti i costi impedito.
L’appello lanciato al Corriere dal conduttore, che nelle prossime settimane tornerà a registrare Caduta Libera, è quello di fare qualcosa insieme ad amici e colleghi come Carlo Conti, Amadeus, Fiorello e Maria de Filippi. La tv che spesso è data per morta è vivissima e tocca a noi aiutarla.
Un appello che si può benissimo estendere a tutto il mondo dello spettacolo e che deve essere accolto subito senza esitazione. Come sarebbe stato, infatti, questo periodo di quarantena senza musica, film, letture, spettacoli, fiction, programmi di intrattenimento o di informazione?