Questa sera, giovedì 14 luglio, in seconda serata su Rai1 (salvo variazioni del palinsesto serale causate dalla crisi di governo, al momento però non previste) verrà replicato “Fame”, l’ultimo reportage realizzato per “Speciale Tg1” da Amedeo Ricucci, storico inviato del telegiornale diretto da Monica Maggioni, scomparso lunedì scorso dopo una lunga malattia.
“Fame”, andato in onda per la prima volta lo scorso 8 maggio, è un reportage realizzato nei luoghi dell’Africa sub-sahariana e del Sud-est asiatico dove c’è ancora gente che non sa che cosa mangerà il giorno dopo. Per noi che viviamo nell’Occidente ricco e sempre sazio la fame è tutt’al più una sensazione passeggera. C’è però un’altra fame, a noi del tutto ignota, la fame nera e disperata di chi non può e non sa come soddisfarla. Ancora oggi nessuna piaga è così letale, se si considera che a soffrirne sono 800 milioni di persone e che ogni anno muoiono per fame più di 5 milioni di bambini. Una situazione che potrebbe peggiorare a causa dell’invasione russa in Ucraina perché, tra le altre cose, questo conflitto sta provocando una impennata dei prezzi dei prodotti alimentari di prima necessità. A rischio è la sicurezza alimentare proprio dei paesi più poveri che dipendono dalle importazioni di derrate agricole. “Fame” è un reportage in presa diretta, realizzato da Amedeo Ricucci in collaborazione con il Cesvi, la Fao, il Wfp e Azione contro la Fame.
Ma chi era esattamente Amedeo Ricucci?
I vertici Rai, Marinella Soldi e Carlo Fuortes, lo ricordano come “un giornalista che ha vissuto con passione la sua professione e che di complessi scenari internazionali e nazionali ha fornito un racconto partecipato” avendo “maturato vaste esperienze in teatri di guerra, dall’Afghanistan al Kosovo, dall’Iraq alla Siria”.
Ricucci, nato a Cetraro (in provincia di Cosenza, in Calabria) il 31 luglio 1958, entrò in Rai come giornalista professionista nel 1993.
Fu inviato speciale di “Professione Reporter”, “Mixer”, TG1 e “La Storia siamo noi”, seguendo i più importanti conflitti degli ultimi vent’anni in vari Paesi: Algeria, Somali, Bosnia, Ruanda, Iraq, Liberia, Kosovo, Afghanistan, Libano, Iran, Palestina, Tunisia, Libia e Siria.
Era con Ilaria Alpi e Miran Hrovatin in Somalia il 20 marzo del 1994, giorno dell’uccisione della giornalista del Tg3 e del suo cameraman.
Era presente anche nel momento dell’uccisione del fotografo del Corriere della Sera Raffaele Ciriello, avvenuta a Ramallah (Cisgiordania) il 13 marzo 2002: su questo episodio pubblicò il libro “La guerra in diretta – Iraq, Palestina, Afghanistan, Kosovo. Il volto nascosto dell’informazione televisiva“.
Nel 2013 entrò nella redazione di “Speciale Tg1”.
Il 3 aprile 2013 fu sequestrato in Siria, assieme ad altri tre giornalisti italiani (Elio Colavolpe, Susan Dabbous e Andrea Vignali), dal gruppo armato jihadista “Fronte al-Nuṣra”. I quattro furono liberati dopo 11 giorni, il 13 aprile 2013.
Nel 2019 ha pubblicato il libro Cronache dal fronte, un testo nato da un esperimento: mettere insieme reportage scritti e reportage filmati per capire cosa funzioni meglio. Il libro ha vinto il Premio Acqui Storia, nella sezione “La storia in tv”.
Nel 2020 ha pubblicato “Caro COVIDDiario”, la storia della sua quarantena nei mesi di lockdown per la pandemia da Covid 19.
Nel corso della sua carriera, Ricucci ha ottenuto diversi riconoscimenti, nazionali e internazionali, per i suoi reportage.
Reportage che, come assicurano Soldi e Fuortes, “resteranno meritevoli di attenzione negli archivi Rai”.
Negli ultimi tempi, nonostante la malattia, stava lavorando ad un altro reportage nella sua Calabria.