Quando le Quote Rosa fanno più paura del maschilismo: perché ne abbiamo (ancora) bisogno in TV

Parlare di Quote Rosa nella nostra società è ancora un argomento divisivo. C’è chi le definisce assolutamente indispensabili per offrire una più equa parità di genere; chi crede siano discriminatorie, addirittura fuori contesto, dato l’Anno Domini in cui viviamo. Secondo alcuni (per la maggior parte uomini, ma anche diverse donne), l’espressione “Quote Rose” porterebbe soltanto a un più accentuato divario tra generi. Pare, infatti, che per queste persone, in Italia, sia presente una quasi totale parità, ma se ci affacciamo alla vita di tutti i giorni, notiamo come le situazioni in cui le donne sono ancora mirino di penalizzazioni e isolamento sono praticamente ovunque.

Lavoro, sport, ambiti dirigenziali, politica, TV: inutile prenderci in giro. Chi dichiara che le quote rosa siano inutili nel 2021 sta negando una realtà che è viva e vegeta e che viene portata avanti da un maschilismo interiorizzato da generazione in generazione, sia da uomini che da donne.

Il nostro obiettivo è quello di indagare cosa accade in TV e in queste ultime settimane abbiamo avuto modo di osservare diverse situazione spiacevoli in questo senso. C’è chi nega la discriminazione e si appella alla dittatura del politically correct che ci avrebbe resi tutti suscettibili, obbligandoci a non utilizzare più termini che fino a qualche anno fa appariva come normali. C’è chi, invece, decide di alzare la cresta, facendo molto rumore, con il risultato di trovarsi dietro le spalle mostri da tastiera che puntano il dito dall’alto della loro comoda poltrona.

È il caso di ciò che è accaduto alla giornalista Rula Jebreal. Invitata tra gli ospiti di Propaganda Live per parlare del conflitto Israelo-Palestinese. Jebreal, in modo perentorio, discutibile, ma sicuramente coraggioso, ha reso noto che quella stessa sera dell’ospitata non avrebbe preso parte alla trasmissione di La7 per una evidente disparità di genere tra ospiti: troppi uomini, lei unica donna.

Valanga di insulti, corredati, come accade sempre in questi casi, da epiteti dispregiativi rivolti al genere femminile e che non possono, inevitabilmente, essere declinati al maschile. La giornalista e scrittrice ha esagerato? Il suo comportamento è sindacabile? Propaganda Live è una trasmissione televisiva in cui non viene praticato maschilismo? Assolutamente sì. Ciò che però in queste situazioni lascia sgomenti è la ferocia con cui una donna viene additata subito dopo aver fatto notare una evidente differenza di trattamento nella scelta degli ospiti.

L’attacco non è rivolto al programma di Diego Bianchi, ma verso tutte quelle situazioni in cui ci appelliamo alla “qualità” quando vengono fatti gli inviti agli ospiti: in TV, in convegni, in politica, in qualsiasi ambito sociale e culturale. Il volta faccia di Jebreal è verso tutte quelle situazioni in cui troviamo più uomini che donne a relazionare su tematiche importanti, come se il solo genere maschile bastasse a dare una linea guida, un punto di vista super partes. Non è così e ce ne dovremmo rendere conto più spesso.

Ancora oggi troviamo programmi televisivi che affiancano la figura della donna a quella di una persona che si prende cura degli altri. Nel nostro Paese sono all’ordine del giorno i politici che tengono a precisare che una donna si può definire realmente realizzata solo quando diventa madre. A dirlo, nella maggior parte dei casi, sono uomini.

Quando viene alzata la voce, quando qualcuna decide di far valere le proprie ragioni in quanto donna, nel 2021, fa ancora spavento, spesso più del raccapricciante maschilismo. E arriviamo all’annosa questione scatenata con il video racconto di Aurora Leone la sera prima de La Partita del Cuore.

L’attrice del gruppo comico dei The Jackal, invitata come giocatrice all’evento benefico, si è vista riservare un comportamento che ha dell’incredibile. Al netto di tutte le varie dichiarazioni e racconti dati su quella serata, c’è un passaggio che rimane fondamentale per capire a fondo quanta strada dobbiamo ancora percorrere affinché discriminazioni di genere possano scomparire definitivamente.

Aurora Leone ha denunciato tramite social un comportamento scorretto che le è stato rivolto da parte del direttore generale della Partita del Cuore, Gianluca Pecchini. Secondo le sue parole, l’uomo avrebbe chiesto alla ragazza di allontanarsi dal tavolo dei giocatori in quanto donna. Dichiarazioni decisamente diverse da quelle esposte, di contro, da Pecchini che ha semplicemente ammesso di aver fatto allontanare Aurora e Ciro dei The Jackal dal tavolo dei giocatori perché non riconosciuti e perché, da tradizione, la cena prima della partita è un rito medievale che nessuno deve toccare.

Non ci esprimiamo in merito alla situazione, ascoltando le diverse campane è possibile farsi una propria opinione in merito. Ciò che ci preme sottolineare nuovamente è, però, la rappresentazione del genere femminile che dà uno dei giocatori della Nazionale Cantanti sul proprio profilo Facebook, con lo scopo di mettere un punto definitivo alla bagarre mediatica di questi giorni. Enrico Ruggeri, dopo aver detto di in diretta al TG4 di non conoscere Aurora e di farle sapere che lì i giocatori maschi l’avrebbero attesa per la partita, ha deciso di esprimere ancora una volta la sua totale vicinanza all’ex dirigente e di far notare come, in realtà, alla Partita del Cuore 2021 c’era una grande rappresentanza femminile, facendo riferimento alla triade di arbitre donne. Il tutto condito con espressioni che ci permettiamo di riproporre e che definiscono il motivo del nostro titolo.

Noi avevamo da tempo scelto di dare un segnale chiamando a dirigere la partita una terna arbitrale femminile (ci piaceva che una donna decidesse e noi fossimo costretti a ubbidire…)“.

C’è ancora tanto lavoro da fare. Questi sono solo gli ultimi esempi lampanti per cui in Italia, in TV, come nella vita quotidiana, siano necessarie (purtroppo) le Quote Rose.