L’amarezza di #MassimoGiletti, sotto scorta per le minacce dei boss: “Mi hanno lasciato solo, ecco perché è finita così”

In un’intervista al quotidiano “La Repubblica”, Massimo Giletti commenta amareggiato la sua attuale condizione: da 15 giorni si trova infatti sotto scorta a causa delle minacce ricevute dal boss Filippo Graviano, intercettato in carcere, dopo l’uscita dalla detenzione di oltre 300 mafiosi per l’emergenza Coronavirus.

“Non posso entrare nei dettagli: mi hanno comunicato che avrei avuto la scorta. So che ormai devo affrontare un nuovo modo di vivere, che mi piaccia o no”, ha dichiarato il giornalista che non nasconde come, inizialmente, si sia sentito preoccupato. Ma poi “ho pensato che il lavoro sulle scarcerazioni dei boss era stato importante. Chi non ha nulla da perdere non ti perdona. Devi vivere senza pensarci, se no diventi prigioniero di un labirinto dal quale rischi di non uscire”.

È una vicenda delicata quella in cui Giletti, che non è né un magistrato né un uomo dello Stato, si trova coinvolto: “Ho fatto capire che qualcosa non tornava nelle scarcerazioni dei mafiosi, un’inchiesta che ha portato alle dimissioni del capo del Dap Francesco Basentini, per il rilascio di Pasquale Zagaria. Il Dap fece un errore inaudito, lo dimostrammo carte alla mano. Da lì sono iniziati i problemi”.

Giletti ammette anche che, fare servizi di questo tipo, non è come inseguire i politici sul caso dei vitalizi: “Credo di pagare la solitudine televisiva di questa inchiesta”.

Un’affermazione forte che poi chiarisce senza peli sulla lingua: “Se fossimo stati in tanti ad affrontare con forza questi argomenti, non sarei diventato un obiettivo. Pago il fatto di essere stato solo. Però mi ha fatto piacere che Urbano Cairo mi abbia chiamato e mi abbia detto: Io sono sempre con lei.

Se però qualcuno gli è vicino, in molti gli sono lontani o ancor più si dimostrano detrattori della sua trasmissione. È il caso di Marco Travaglio, collega stimato da Giletti, che definì la sua trasmissione “un covo di mitomani” e la sua battaglia di “matrice salvinista”, espressioni che il conduttore, dopo aver ospitato persone del calibro di Nino Di Matteo e Catello Maresca, ritiene inaccettabili.

Nonostante tutto, Giletti continuerà a fare il suo lavoro: “Voglio che si parli di me per le inchieste, non perché sono sotto scorta. Farò quello che ritengo giusto, come quando abbiamo raccontato, con l’inviato di Repubblica Salvo Palazzolo, il caso delle sorelle Napoli di Mezzojuso, nel mirino della mafia. Non le abbiamo lasciate sole, come non lascio soli i magistrati e gli uomini delle forze dell’ordine. Quando Filippo Graviano, intercettato a maggio in un carcere di massima sicurezza, dice: Giletti ha scassato la minchia, dando fastidio al ministro che fa solo il suo lavoro, non ho visto un atto di solidarietà pubblico. Graviano è l’uomo più intelligente della mafia, non è un boss qualsiasi. È intollerabile che un ministro non risponda. Sono sotto scorta anche per questo”.

Ci tiene anche a soffermarsi su un problema molto grave che riguarda l’informazione ovvero il fatto che siano in molti ad essere i giornalisti sotto scorta: “Oggi si parla di me perché sono conosciuto, ma penso a tanti giovani minacciati che raccontano cosa succede in certe aree del territorio. È il segnale della debolezza di questo Paese”.

In conclusione, però, ci tiene a ribadire che a fine settembre tornerà con Non è l’Arena e proseguirà su questa linea senza fare un passo indietro.