#LaConcessioneDelTelefono, su Rai 1 un nuovo capitolo della collection “C’era una volta Vigàta”

La collection “C’era una volta Vigàta” si arricchisce di un nuovo capitolo con La concessione del telefono per la regia di Roan Johnson. Dopo il successo di “La mossa del cavallo” e “La stagione della caccia”, che hanno entrambi superato il 30% di share, l’immaginifico mondo di Vigàta nato dalla magica penna di Andrea Camilleri torna in tv, arena di una nuova avventura, in prima visione e in prima serata su Rai1 lunedì 23 marzo.

La concessione del telefono, tratto dall’omonimo romanzo storico di Camilleri edito da Sellerio editore, una produzione Palomar in collaborazione con Rai Fiction, riporta alla ribalta l’immaginaria cittadina, resa unica dalla fantasia del grande scrittore siciliano.

Pippo Genuardi, nato a Vigàta il 3 settembre 1856, è un commerciante di legnami. Ma sia chiaro: quella non è la sua occupazione maggiore, anzi, potremmo dire che il suo vero talento è quello di cacciarsi nei guai. Spiantato, ironico, amante delle donne e della tecnologia, Pippo sembrerebbe aver messo la testa a posto sposando Taninè Schilirò, figlia dell’uomo più ricco di Vigàta, ma il nostro protagonista è appunto un uomo che in realtà non si accontenta mai. E così, spedendo tre lettere al Prefetto Marascianno (un napoletano paranoico e complottista), mette in moto un meccanismo che lo porterà a trovarsi sotto due fuochi incrociati: lo Stato, che pensa di avere a che fare con un pericoloso sovversivo, e l’uomo “di rispetto” Don Lollò, che inizia a credere che il Genuardi lo stia prendendo per fesso. Per ottenere l’agognata “concessione del telefono”, infatti, Genuardi sarà disposto a tutto: cercare l’appoggio di suo suocero, ma anche della mafia; corrompere funzionari pubblici e tradire il suo vecchio amico Sasà. Il tutto sotto gli occhi del Questore Monterchi, venuto dal Nord, che osserverà sgomento e impotente il concatenarsi folle degli eventi.

Note di regia

“La concessione del telefono” è la storia di tre piccole palle di neve (che nel film hanno la forma di tre lettere inviate da Pippo Genuardi al prefetto Marascianno) che, rotolando piano piano, diventeranno una valanga che travolgerà il nostro povero protagonista.

Il film è tratto dal romanzo omonimo di Camilleri che è un gioiello di ingegneria narrativa. Non solo per la struttura del libro così originale che alterna le “cose scritte” (lettere, documenti, articoli di giornale) con le “cose dette” (dialoghi secchi senza descrizioni). Ma anche perché la storia de “La concessione del telefono” è una sorta di bomba a orologeria nascosta sotto un tavolo, di cui il lettore e lo spettatore possono solo intuire la presenza. E anche gli stessi personaggi e prima di tutto Pippo Genuardi non ne sentono il ticchettio, che aumenta di scena in scena. Pensano di essere più ‘sperti di molti, ma quando capiranno di essere più scemi di altri sarà troppo tardi.

Con il film abbiamo provato a rendere onore a questa originalità del libro di Camilleri, dividendo lo schermo in modo naturale per lasciare uno spazio in cui poter scrivere i vari documenti, e cercando con voci over e altre idee visive di mantenere la forza di come le parole nelle lettere e nei documenti raccontino cose diverse da quello che si vede o si sente. Così abbiamo provato a raccontare come la formalità della burocrazia diventi un gorgo in cui il nostro protagonista, e forse con lui il “senso” stesso della terra senza tempo in cui vive, verrà risucchiato.

E la beffa è che dentro quella voragine dello Stato e in quelle spire della Mafia, il Genuardi ci si è cacciato da solo. Ma perché si è “amminchiato” così tanto con questa diavoleria del telefono? Lo scopriremo solo nel finale a sorpresa, come lo ha costruito il maestro siciliano, anche se nel film sono seminati indizi della verità al tempo stesso assurda e ovvia che sta sotto tutta questa vicenda.

Un libro e un film che nonostante il tono brillante ed esilarante, sono un vero e proprio j’accuse sarcastico contro le storture e le contraddizioni della Sicilia e forse dell’Italia intera. Una commedia sulla stupidità umana (da quella istituzionale e burocratica, fino a quella sentimentale) e, al tempo stesso, una satira sociale e politica di incredibile attualità.

Roan Johnson

Cast Artistico

ALESSIO VASSALLO
THOMAS TRABACCHI
FEDERICA DE COLA
CORRADO FORTUNA
con DAJANA RONCIONE
con CORRADO GUZZANTI
con la partecipazione di FABRIZIO BENTIVOGLIO
con NINNI BRUSCHETTA
e con MICHELE DI MAURO
ANTONIO ALVEARIO
SERGIO VESPERTINO
EMMANUELE AITA
ALESSANDRO SCHIAVO
FRANCESCO BRANDI
GIUSEPPE PROVINZANO
Pippo Genuardi
Questore Monterchi
Taniné
Sasà La Ferlita
Lillina
Prefetto Marascianno
nel ruolo di Don Lollò Longhitano
Padre Macaluso
Avvocati Russotto
Nenè Schilirò
Vice Prefetto Parrinello
Giacomo La Ferlita
Delegato Portera
Tenente Lanza-Turò
Calogerino