10 giugno 1981. Sembra essere un giorno come tutti gli altri, ma non per la famiglia Rampi che, improvvisamente viene travolta da una tragedia che sarebbe rimasta impressa nella mente di un Paese intero. Il piccolo Alfredo Rampi a soli sei anni cade in un pozzo artesiano e vi rimane intrappolato per tre interminabili giorni senza purtroppo risalire alla luce. Quella di Alfredino fu il primo esempio di narrativizzazione di un fatto di cronaca da parte dei media e soprattutto della televisione italiana che, con una lunga diretta, permise ai telespettatori di seguire tutta l’amara vicenda fino al tragico epilogo.
Vicenda che verrà ripercorsa in “Alfredino – Una storia italiana”, l’attesa miniserie diretta da Marco Pontecorvo che andrà in onda su Sky Cinema e NOW domani, lunedì 21 e lunedì 28 giugno.
Al quotidiano Repubblica Anna Foglietta, che interpreterà Franca Rampi, la madre di Alfredino, racconta la sua esperienza in questo difficile ruolo: “Mi sono detta: se continuo a pensare alla signora Franca come a una persona reale, e a quella tragedia come davvero accaduta, vado al manicomio. Ho fatto uno sforzo, è stata dura”
Queste le parole dell’attrice che inoltre sottolinea il fatto di aver “rispettato la volontà di riserbo della famiglia, la loro grande dignità” non incontrando la signora Rampi, ma ricevendo tutte le informazioni della vicenda parlando con i responsabili del Centro Alfredo Rampi: “Il ricordo che tutti hanno è di una donna che ha mantenuto dignità e pragmatismo nel suo momento più tragico. E in maniera non convenzionale. Venne giudicata perché non soffriva nel modo in cui l’iconografia della madre imponeva di fare ma reagiva, voleva essere utile, a disposizione dei soccorritori. Ha avuto rari attimi di fragilità, io mi sarei lasciata andare. È rimasto tutto dentro, nascosto in uno scrigno chissà dove nel corpo di questa donna”
E sulle critiche che la signora Rampi ricevette, la Foglietta dice senza mezzi termini come sia “facile giudicare. Sta per svenire, le danno un gelato e qualcuno dice ‘ha il figlio nel pozzo e pensa a mangiare’. Che violenza, che crudeltà, che mancanza di empatia. Un circo infernale di anime brutte”.
Nel racconto, la produzione ha da subito messo un punto fermo: “Quello che abbiamo evitato è l’obiettivo sul pozzo, sul bambino lì dentro. Cos’è accaduto lo sappiamo, si voleva sottolineare il tentativo di aiuto, enorme e umano, da parte di tutti. E anche l’elemento pornografico, quella morbosità impossibile da condividere ma che oggi viviamo in tante trasmissioni TV”.
Ed infine la domanda che forse tutti si sono posti dopo aver saputo dell’avvento della miniserie: perché raccontare di nuovo questa storia? Una storia che è stata ampiamente vissuta in maniera plateale già da tutti quarant’anni fa: “Dopo la morte di Alfredo è stato creato il Centro Rampi che ha accelerato le operazioni per la nascita della Protezione civile. In questo modo Franca ha onorato la memoria di suo figlio senza mai parlare di un dolore che era solo suo. Quel che venne dopo, l’incontro con Pertini, l’idea di una struttura ad hoc, è stata l’opportunità per elaborare un trauma collettivo. Con questa chiave di lettura si dà un senso a quel dolore. Il sacrificio umano si accetta se porta a qualcosa di universalmente riconosciuto. Quanto al resto, Alfredino lasciamolo lì, in pace“.