A CACCIA DI FORMAT | #LoveOnTheSpectrum, l’urlo dei ragazzi autistici: l’amore è amore

In quest’estate cheTVfa ha deciso di mettersi in viaggio. Non, però, per concedersi una vacanza, ma per scovare, in giro per il mondo, nuovi programmi – in rampa di lancio o già consolidati – ancora sconosciuti alla televisione italiana. Lente d’ingrandimento alla mano, ogni mercoledì, questo nuovo appuntamento ci porterà così “A caccia di format”.

Se non riesci a guardare un reality senza rinunciare al trash, allora fermati qui. Questo articolo non fa per te: Love on The Spectrum non fa per te. L’idea arriva dall’Australia, dove è stato definito “lo spettacolo meraviglioso che fa sembrare noioso The Bachelor”: poche settimane fa Netflix l’ha fatto conoscere nel mondo, anche in Italia.

Lo spettro del titolo è quello autistico. Protagonisti infatti sono ragazzi affetti da autismo, alle prese con una delle imprese più ardue nella vita di ognuno di noi: la ricerca dell’anima gemella. Le telecamere li seguono nel loro primo appuntamento: la preparazione, l’ansia, le aspettative. Ma anche l’incoraggiamento dei genitori, i consigli degli amici. Diversamente da altri dating-show, qui il racconto non si limita a un’intrusione superficiale nelle vite dei protagonisti. La loro quotidianità, le famiglie, la cerchia di conoscenze, le comunità in cui vivono: l’incontro diventa quasi un espediente per poter entrare in profondità nell’esistenza di queste persone. Per arrivare a coglierne l’essenza e smantellare così ogni possibile preconcetto, ogni mito su autismo e romanticismo.

Si parla senza retorica di bullismo e dismorfofobia. Nessun tabù nel raccontare la bisessualità della 19enne Chloe. Niente esibizionismo, né voyeurismo. Solo empatia. Quella sì, tanta. Perché diventa quasi impossibile non tifare per i protagonisti o lasciarsi travolgere dalla loro positività. Impossibile non farsi conquistare dalla loro determinazione, anche dopo un appuntamento andato male. E, perché no, anche sorridere. Come davanti alle “papere dell’amore” che il 25enne Michael mette sul comodino nella speranza gli possano portare fortuna e aiutarlo a realizzare il suo sogno: diventare un buon marito. Lui, che ha già scolpito una scatola a forma di cuore da regalare alla sua futura moglie, fatica a comprendere come sia l’accoppiamento nella società odierna. Nonostante ciò, ha ben chiaro come la maggior parte delle persone sia interessata solo al “rapporto sessuale” e non fa a meno di dirlo schiettamente ai suoi genitori. “Penso che ogni famiglia abbia bisogno di un Michael” dice sua madre, sorridendo: ragazzi sinceri, capaci di reagire di fronte a un insuccesso, di rifiutare una possibile conoscenza perché consapevoli di cosa sia bene per loro e cosa no.

Non ci sono imbarazzanti tagli di montaggio o musiche insistenti a enfatizzare la drammaticità o la comicità di una scena. C’è autenticità, naturalezza. C’è il carisma dei protagonisti. Sì, è uno show e i ragazzi, rivolgendosi talvolta direttamente alle telecamere, sono i primi a ricordarlo. Ma sarebbe sbagliato ridurre Love On The Spectrum a un semplice “reality” o, per quanto nelle puntate intervengano anche medici esperti, a un semplice “documentary”. È qualcosa di più. È uno spaccato di vita reale, che per quanto meriti di essere conosciuto, non lo è mai davvero abbastanza. O almeno è quello che ci lasciano intuire Michael, Chloe e gli altri protagonisti attraverso l’amore che, nelle sue svariate forme, li circonda.