A CACCIA DI FORMAT | #300WarOfUnitedVoices, eserciti di fan in guerra per il loro idolo

In quest’estate cheTVfa ha deciso di mettersi in viaggio. Non, però, per concedersi una vacanza, ma per scovare, in giro per il mondo, nuovi programmi – in rampa di lancio o già consolidati – ancora sconosciuti alla televisione italiana. Lente d’ingrandimento alla mano, ogni mercoledì, questo nuovo appuntamento ci porterà così “A caccia di format”.

Ragazzi ma perché non hanno ancora creato un programma tv con le fanbase degli artisti? Io le vedo scatenatissime e pronte a tutto. Tipo Swifties vs Directioners, per poi passare alla battaglia finale Can Yamaners vs Bimbe di Giulia De Lellis“: a scriverlo su Twitter, lo scorso 23 luglio, Trash Italiano.

“Detto Fatto” (per citare Bianca Guaccero): abbiamo dovuto viaggiare fino in Corea del Sud ma lo abbiamo scovato. Si chiama 300: War of United Voices (ma è conosciuto anche come A Battle of One Voice:300), il game-show musicale (approdato anche in Germania) dove alcuni dei più grandi artisti del panorama musicale si sfidano… a colpi di fan.

Ogni cantante ne deve radunare 300 ed esibirsi insieme a loro in coro (senza fare prove prima) per sfidare così gli altri artisti in gioco e le loro fanbase. A giudicare le performance due giurie, una composta da cinque vip e una “nip”, con cento sconosciuti appassionati di musica. Insieme devono valutare le esibizioni e assegnare un punteggio: ognuno dei cinque giurati vip ha a disposizione venti punti da assegnare a sua discrezione, mentre ogni “nip” può scegliere solo uno dei cori in gara a cui dare i suoi due punti.

Il regolamento prevede anche che nel caso uno dei due artisti in gara non riesca a radunare 300 fan ma, ad esempio, solo 250, alla squadra saranno detratti dal punteggio finale 50 punti (uno per ogni fan mancante). Il cantante con il punteggio più alto per ogni battaglia passa alla finale: per chi riesce a strappare la vittoria è previsto anche un premio in denaro (e perché non darlo in beneficenza?).

Il colpo d’occhio (non solo d’orecchio) è pazzesco: lo studio è progettato appositamente per ospitare un totale di 1.200 fan ai quattro lati del palco (nella prima stagione di 300: War of United Voices a sfidarsi erano otto squadre, quattro in ogni puntata). Frontali rispetto al palco invece la giuria vip e, un po’ più indietro, i cento giurati nip. Insomma qui ci sarà anche musica ma (ci perdoni Elettra) il resto difficilmente scompare.

Nella seconda edizione invece, in onda lo scorso anno, le battle sono state eliminate. In ogni puntata l’artista compone la sua squadra (ai fan interessati a partecipare è data la possibilità per tempo di iscriversi sul sito dello show). Una volta formata la squadra, le telecamere riprendono cosa accade nelle dieci ore che anticipano l’esibizione (anche in questo caso senza prove): l’unico contatto dell’artista con la sua squadra può avvenire tramite una chat segreta. E anche qui la performance verrà valutata: in base al punteggio ottenuto sarà distribuito il montepremi. Insomma, in questa versione 2.0 il focus è spostato sui fan: il racconto del loro mondo, delle loro vite, delle storie che li legano all’artista e che li hanno condotti nel programma. Meno game, più emozione: un format “diversamente” avvincente.

Con battle o senza, che dite? In ogni caso, per capire la portata di 300: War of United Voices basterebbe anche solo immaginarsi sfide tra i fan di Al Bano e quelli di Adriano Pappalardo (per fare il nome di qualche artista notoriamente frizzantino). O tra le fanbase di Emma e di Achille Lauro. Anche solo per vederli nelle vesti di moderni Leonida sgolarsi ferocemente e incitare le loro squadre. Con buona pace dei social (e di Trash Italiano) che avrebbero di che twittare.